[Pagina precedente]...o da San Gallo suo zio era in facende a Roma insieme con Anton suo fratello; perché da bonissimo animo, volto a le facende dell'arte dell'architettura, e seguitando quegli, prometteva di sé que' fini che nella età matura cumulatamente veggiamo per tutta l'Italia, in tante cose fatte da lui. Ora avvenne che essendo Giuliano, per lo impedimento che ebbe di quel suo male di pietra, sforzato ritornare a Fiorenza, Antonio venne in cognizione di Bramante da Casteldurante architetto, che cominciò per esso, che era vecchio e dal parletico impedito le mani non poteva come prima operare, a porgergli aiuto ne' disegni che si facevano; dove Antonio tanto nettamente e con pulitezza conduceva, che Bramante trovandogli di parità misuratamente corrispondenti, fu sforzato lasciargli la cura d'infinite fatiche che egli aveva a condurre, dandogli Bramante l'ordine che voleva, e tutte le invenzioni e componimenti che per ogni opera s'avevano a fare. Nelle quali con tanto giudizio e spedizione e diligenza si trovò servito da Antonio, che l'anno MDXII Bramante gli diede la cura del corridore che andava a' fossi di Castel Santo Agnolo, della quale opera cominciò avere una provisione di dieci scudi il mese. Ma seguendo poi la morte di Giulio II l'opera rimase imperfetta. Ma lo aversi acquistato Antonio già nome di persona ingegnosa nella architettura, e che nelle cose delle muraglie avesse bonissima maniera, fu cagione che Alessandro primo cardinal Farnese, poi papa Paulo III, venne in capriccio di far restaurare il suo palazzo vecchio, ch'egli in Campo di Fiore con la sua famiglia abitava. Per la quale opera disiderando Antonio venire in grado, fece più disegni in variate maniere. Fra i quali uno che ve n'era accomodato, con due appartamenti, fu quello che a Sua Santità reverendissima piacque, avendo egli il signor Pier Luigi e 'l signor Ranuccio suoi figliuoli, i quali pensò dovergli lasciare di tal fabbrica accomodati. E dato a tale opera principio, ordinatamente ogni anno si fabbricava un tanto.
In questo tempo al macello de' Corbi a Roma, vicino alla colonna Traiana, fabbricandosi una chiesa col titolo di Santa Maria da Loreto, ella da Antonio fu ridotta a perfezzione con ornamento bellissimo. Dopo questo, Messer Marchionne Baldassini, vicino a Santo Agostino, fece condurre col modello e reggimento di Antonio un palazzo, il quale è in tal modo ordinato, che per piccolo che egli sia, è tenuto per quello ch'egli è il più comodo et il primo allogiamento di Roma, nel quale le scale, il cortile, le logge, le porte et i camini con somma grazia sono lavorati. Di che rimanendo Messer Marchionne sodisfattissimo, deliberò che Perino del Vaga pittor fiorentino vi facesse una sala di colorito e storie et altre figure, come si dirà nella vita sua, quali ornamenti gli hanno recato grazia e bellezza infinita. Accanto a torre di Nona ordinò e finì la casa de' Centelli, la quale è piccola, ma molto comoda. E non passò molto tempo che andò a Gradoli, luogo su lo stato del reverendissimo cardinale Farnese, dove fece fabbricare per quello un bellissimo et utile palazzo. Nella quale andata fece grandissima utilità nel restaurare la rocca di Capo del Monte, con ricinto di mura basse e ben foggiate; e fece allora il disegno della fortezza di Capraruola. Trovandosi monsignor reverendissimo Farnese con tanta sodisfazione servito in tante opere da Antonio, fu costretto a volergli bene, e di continuo gli accrebbe amore, e sempre che poté farlo, gli fece favore in ogni sua impresa.
Appresso, volendo il cardinale Alborense lasciar memoria di sé nella chiesa della sua nazione, fece fabbricare da Antonio, e condurre a fine, in San Iacopo degli Spagnuoli una cappella di marmi et una sepoltura per esso; la quale cappella fra vani di pilastri fu da Pellegrino da Modana, come si è detto, tutta dipinta; e su lo altare, da Iacopo del Sansovino fatto un San Iacopo di marmo bellissimo: la quale opera di architettura è certamente tenuta lodatissima, per esservi la volta di marmo con uno spartimento di ottangoli bellissimo. Né passò molto che Messer Bartolomeo Ferratino, per comodità di sé e beneficio degli amici, et ancora per lasciare memoria onorata e perpetua, fece fabbricare da Antonio su la piazza d'Amelia un palazzo, il quale è cosa onoratissima e bella, dove Antonio acquistò fama et utile non mediocre.
Essendo in questo tempo in Roma Antonio di Monte cardinale di Santa Prassedia, volle che il medesimo gli facesse il palazzo, dove poi abitò, che risponde in Agone, dove è la statua di maestro Pasquino; nel mezzo risponde nella piazza, dove fabbricò una torre: la quale, con bellissimo componimento di pilastri e finestre dal primo ordine fino al terzo, con grazia e con disegno gli fu da Antonio ordinata e finita, e per Francesco dell'Indaco lavorata di terretta a figure, e storie da la banda di dentro e di fuora. Intanto avendo fatta Antonio stretta servitù col cardinal d'Arimini, gli fece fare quel signore in Tolentino della Marca un palazzo; oltra lo esser Antonio stato premiato, gli ebbe il cardinale di continuo obligazione. Mentre che queste cose giravano e la fama d'Antonio crescendo si spargeva, avvenne che la vecchiezza di Bramante, et alcuni suoi impedimenti, lo fecero cittadino dell'altro mondo; per che da papa Leone subito furono constituiti tre architetti sopra la fabrica di San Pietro: Raffaello da Urbino, Giuliano da San Gallo zio d'Antonio, e fra' Giocondo da Verona. E non andò molto che fra' Giocondo si partì di Roma, e Giuliano essendo vecchio ebbe licenza di potere ritornare a Fiorenza. Laonde Antonio avendo servitù col reverendissimo Farnese, strettissimamente lo pregò che volesse supplicare a papa Leone che il luogo di Giuliano suo zio gli concedesse. La qual cosa fu facilissima a ottenere: prima per le virtù di Antonio, che erano degne di quel luogo; poi per lo interesso della benivolenza fra il Papa e 'l reverendissimo Farnese. E così in compagnia di Raffaello da Urbino si continuò quella fabbrica assai freddamente.
Andando poi il Papa a Civitavecchia per fortificarla, et in compagnia di esso infiniti signori, e fra gli altri Giovan Paolo Baglioni e 'l signor Vitello, e similmente, di persone ingegnose, Pietro Navarra et Antonio Marchisi, architetto allora di fortificazioni - il quale per commessione del Papa era venuto da Napoli - e ragionandosi di fortificare detto luogo, infinite e varie circa ciò furono le opinioni; e chi un disegno e chi un altro facendo, Antonio, fra tanti, ne spiegò loro uno, il quale fu confermato dal Papa, e da quei signori et architetti, come di tutti migliore per bellezza e fortezza e bellissime et utili considerazioni. Onde Antonio ne venne in grandissimo credito appresso la corte. Dopo questo riparò la virtù d'Antonio a un gran disordine per questa cagione. Avendo Raffaello da Urbino nel fare le logge papali e le stanze, che sono sopra i fondamenti, per compiacere ad alcuni, lasciati molti vani, con grave danno del tutto per lo peso che sopra quelli si aveva a reggere, già cominciava quell'edifizio a minacciare rovina pel troppo gran peso che aveva sopra; e sarebbe certamente rovinato se la virtù d'Antonio, con aiuto di puntelli e travate, non avesse ripiene di dentro quelle stanzerelle e, rifondando per tutto, non l'avesse ridotte ferme e saldissime, come elle furono mai da principio.
Avendo intanto la nazione fiorentina, col disegno di Iacopo Sansovino, cominciata in strada Giulia dietro a' Banchi la chiesa loro, si era nel porla messa troppo dentro nel fiume; per che, essendo a ciò stretti dalla necessità , spesono dodicimila scudi in un fondamento in acqua, che fu da Antonio con bellissimo modo e fortezza condotto. La quale via, non potendo essere trovata da Iacopo, si trovò per Antonio; e fu murata sopra l'acqua parecchie braccia. Et Antonio ne fece un modello così raro, che se l'opera si conduceva a fine, sarebbe stata stupendissima. Tuttavia fu gran disordine e poco giudizio quello di chi allora era capo in Roma di quella nazione; perché non dovevano mai permettere che gl'architetti fondassono una chiesa sì grande in un fiume tanto terribile, per acquistare venti braccia di lunghezza, e gittare in un fondamento tante migliaia di scudi per avere a combattere con quel fiume in eterno, potendo massimamente far venire sopra terra quella chiesa col tirarsi innanzi e col darle un'altra forma; e, che è più, potendo quasi con la medesima spesa darle fine. E si confidarono nelle ricchezze de' mercanti di quella nazione; si è poi veduto, col tempo, quanto fusse cotal speranza fallace, perché in tanti anni che tennero il papato Leone e Clemente de' Medici e Giulio Terzo e Marcello, ancor che vivesse pochissimo, i quali furono del dominio fiorentino, con la grandezza di tanti cardinali, e con le ricchezze di tanti mercatanti, si è rimaso e si sta ora nel medesimo termine che dal nostro Sangallo fu lasciato. E per ciò deono, e gl'architetti e chi fa fare le fabriche, pensare molto bene al fine et ad ogni cosa, prima che all'opere d'importanza mettano le mani.
Ma per tornare ad Antonio, egli per commessione del Papa, che una state lo menò seco in quelle parti, restaurò la rocca di Monte Fiascone, già stata edificata da papa Urbano. E nell'isola Visentina, per volere del cardinal Farnese, fece nel lago di Bolsena due tempietti piccoli; uno de' quali era condotto di fuori a otto facce e dentro tondo, e l'altro era di fuori quadro e dentro a otto facce, e nelle facce de' cantoni erano quattro nicchie, una per ciascuno; i quali due tempietti condotti con bell'ordine fecero testimonianza quanto sapesse Antonio usare la varietà ne' termini dell'architettura. Mentre che questi tempii si fabricavano, tornò Antonio in Roma, dove diede principio in sul canto di Santa Lucia, là dove è la nuova Zecca, al palazzo del vescovo di Cervia, che poi non fu finito. Vicino a corte Savella fece la chiesa di Santa Maria di Monferrato, la quale è tenuta bellissima; e similmente la casa d'un Marrano, che è dietro al palazzo di Cibò, vicina alle case de' Massimi.
Intanto morendo Leone, e con esso lui tutte le belle e buone arti tornate in vita da esso e da Giulio Secondo suo antecessore, succedette Adriano Sesto; nel pontificato del quale furono talmente tutte l'arti e tutte le virtù battute, che se il governo della Sede apostolica fusse lungamente durato nelle sue mani, interveniva a Roma nel suo pontificato quello che intervenne altra volta, quando tutte le statue avanzate alle rovine de' Gotti (così le buone, come le ree) furono condennate al fuoco. E già aveva cominciato Adriano (forse per imitare i pontefici de' già detti tempi) a ragionare di volere gettare per terra la capella del divino Michelagnolo, dicendo ell'era una stufa d'ignudi. E sprezzando tutte le buone pitture e le statue, le chiamava lascivie del mondo, e cose obbrobriose et abominevoli. La qual cosa fu cagione, che non pure Antonio, ma tutti gl'altri begl'ingegni si fermarono in tanto che al tempo di questo pontefice non si lavorò, non che altro, quasi punto alla fabbrica di S. Pietro. Alla quale doveva pur al meno essere affezionato poiché dell'altre cose mondane si volle tanto mostrare nimico. Perciò dunque, attendendo Antonio a cose di non molta importanza, restaurò sotto questo Pontefice le navi piccole della chiesa di S. Iacopo degli Spagnuoli, et accomodò la facciata dinanzi con bellissimi lumi. Fece lavorare il tabernacolo dell'imagine di Ponte, di trivertino; il quale, benché piccolo sia, ha però molta grazia. Nel quale poi lavorò Perino del Vaga a fresco una bella operetta.
Erano già le povere virtù, per lo vivere d'Adriano, mal condotte, quando il cielo, mosso a pietà di quelle, volle con la morte d'uno farne risuscitar mille; onde lo levò del mondo e gli fece dar luogo a chi meglio doveva tenere tal grado e con altro animo governare le cose del mondo. Per che creato papa Clemente Settimo, pieno di generosità , seguitando le vestigie di Leone e degl'altri antecessori della sua illustrissima famiglia, si pensò che, avendo nel car...
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