[Pagina precedente]...e, fece condurre a Giulio molte di quelle pitture; e fra l'altre la creazione di Adamo et Eva, quella degl'animali, il fabricare dell'Arca di Noè, il sacrifizio, e molte altre opere che si conoscono alla maniera, come è quella dove la figliuola di Faraone, con le sue donne, trova Moisè nella cassetta gettato nel fiume dagl'Ebrei; la quale opera è maravigliosa per un paese molto ben condotto. Aiutò anco a Raffaello colorire molte cose nella camera di torre Borgia dove è l'incendio di Borgo, e particolarmente l'imbasamento fatto di colore di bronzo, la contessa Matilda, il re Pipino, Carlo Magno, Gottifredi Buglioni re di Ierusalem con altri benefattori della chiesa, che sono tutte bonissime figure. Parte della quale storia uscì fuori in istampa non è molto, tolta da un disegno di mano di esso Giulio; il quale lavorò anco la maggior parte delle storie che sono in fresco nella loggia di Agostin Chigi, et a olio lavorò sopra un bellissimo quadro d'una Santa Lisabetta, che fu fatto da Raffaello, e mandato al re Francesco di Francia insieme con un altro quadro d'una Santa Margherita, fatto quasi interamente da Giulio col disegno di Raffaello, il quale mandò al medesimo re il ritratto della vicereina di Napoli, il quale non fece Raffaello altro che il ritratto della testa di naturale, et il rimanente finì Giulio. Le quali opere, che a quel re furono gratissime, sono ancora in Francia a Fontanableò, nella cappella del re.
Adoperandosi dunque in questa maniera Giulio in servigio di Raffaello suo maestro, et imparando le più difficili cose dell'arte, che da esso Raffaello gl'erano con incredibile amorevolezza insegnate, non andò molto che seppe benissimo tirare in prospettiva, misurare gl'edifizii e lavorar piante. E disegnando alcuna volta Raffaello, e schizzando a modo suo l'invenzioni, le faceva poi tirar misurate e grandi a Giulio, per servirsene nelle cose d'architettura. Della quale cominciando a dilettarsi Giulio, vi attese di maniera, che poi esercitandola venne eccellentissimo maestro.
Morto Raffaello e rimasi eredi di lui Giulio e Giovanfrancesco detto il Fattore, con carico di finire l'opere da esso Raffaello incominciate, condussero onoratamente la maggior parte a perfezzione. Dopo avendo Giulio cardinale de' Medici, il qual fu poi Clemente Settimo, preso un sito in Roma sotto Monte Mario, dove oltre una bella veduta, erano acque vive, alcune boscaglie in ispiaggia et un bel piano che, andando lungo il Tevere per fino a ponte Molle, aveva da una banda e dall'altra una largura di prati che si estendeva quasi fino alla porta di San Piero, disegnò nella sommità della spiaggia, sopra un piano che vi era, fare un palazzo con tutti gl'agi e commodi di stanze, logge, giardini, fontane, boschi et altri, che si possono più belli e migliori desiderare, e diede di tutto il carico a Giulio, il quale, presolo volentieri e messovi mano, condusse quel palagio, che allora si chiamò la vigna de' Medici et oggi di Madama, a quella perfezzione che di sotto si dirà . Accommodandosi dunque alla qualità del sito et alla voglia del cardinale, fece la facciata dinanzi di quello in forma di mezzo circolo a uso di teatro con uno spartimento di nicchie e finestre d'opera ionica, tanto lodato che molti credono che ne facesse Raffaello il primo schizzo, e poi fusse l'opera seguitata e condotta a perfezzione da Giulio. Il quale vi fece molte pitture nelle camere et altrove, e particolarmente, passato il primo ricetto dell'entrata, in una loggia bellissima, ornata di nicchie grandi e piccole intorno, nelle quali è gran quantità di statue antiche: e fra l'altre vi era un Giove, cosa rara, che fu poi dai Farnesi mandato al re Francesco di Francia, con molte altre statue bellissime. Oltre alle quali nicchie ha la detta loggia lavorata di stucchi e di tutte dipinte le parieti e le volte con molte grottesche di mano di Giovanni da Udine. In testa di questa loggia fece Giulio in fresco un Polifemo grandissimo con infinito numero di fanciulli e satirini che gli giuocano intorno. Di che riportò Giulio molta lode, sì come fece ancora di tutte l'opere e disegni che [fece] per quel luogo, il quale adornò di peschiere, pavimenti, fontane rustiche, boschi et altre cose simili, tutte bellissime e fatte con bell'ordine e giudizio. Ben è vero che sopravenendo la morte di Leone, non fu per allora altrimenti seguitata quest'opera; perché creato nuovo pontefice Adriano, e tornatosene il cardinal de' Medici a Fiorenza, restarono indietro, insieme con questa, tutte l'opere publiche cominciate dal suo antecessore.
Giulio, intanto, e Giovanfrancesco diedero fine a molte cose di Raffaello ch'erano rimaste imperfette, e s'apparecchiavano a mettere in opera parte de' cartoni, che egli avea fatto per le pitture della sala grande del palazzo, nella quale aveva Raffaello cominciato a dipignere quattro storie de' fatti di Gostantino imperatore, et aveva, quando morì, coperta una facciata di mistura per lavorarvi sopra a olio, quando s'avvidero Adriano, come quello che né di pitture o sculture, né d'altra cosa buona si dilettava, non si curare ch'ella si finisse altrimenti. Disperati adunque Giulio e Giovanfrancesco, et insieme con esso loro Perino del Vaga, Giovanni da Udine, Bastiano Viniziano e gli altri artefici eccellenti, furono poco meno (vivente Adriano) che per morirsi di fame. Ma come volle Dio, mentre che la corte avezza nelle grandezze di Leone era tutta sbigottita, e che tutti i migliori artefici andavano pensando dove ricoverarsi, vedendo niuna virtù essere più in pregio, morì Adriano e fu creato sommo pontefice Giulio cardinale de' Medici, che fu chiamato Clemente Settimo: col quale risuscitarono in un giorno, insieme con l'altre virtù, tutte l'arti del disegno. E Giulio e Giovanfrancesco si misero subito d'ordine del Papa a finire tutti lieti la detta sala di Gostantino, e gettarono per terra tutta la facciata coperta di mistura per dovere essere lavorata a olio; lasciando però nel suo essere due figure, ch'eglino avevano prima dipinte a olio, che sono per ornamento intorno a certi papi: e ciò furono una Iustizia et un'altra figura simile.
Era il partimento di questa sala, perché era bassa, stato con molto giudizio disegnato da Raffaello, il quale aveva messo ne' canti di quella, sopra tutte le porte, alcune nicchie grandi, con ornamento di certi putti che tenevano diverse imprese di Leone, gigli, diamanti, penne et altre imprese di casa Medici. E dentro alle nicchie sedevano alcuni papi in pontificale con un'ombra per ciascuno dentro alla nicchia. Et intorno ai detti papi erano alcuni putti a uso d'Angioletti, che tenevano libri et altre cose a proposito in mano. E ciascun papa aveva dalle bande due virtù, che lo mettevano in mezzo, secondo che più aveva meritato; e come Pietro apostolo aveva da un lato la Religione, dall'altro la Carità o vero Pietà , così tutti gli altri avevano altre simili virtù, et i detti papi erano Damaso Primo, Alessandro Primo, Leon Terzo, Gregorio, Salvestro et alcuni altri: i quali tutti furono tanto bene accommodati e condotti da Giulio, il quale in quest'opera a fresco fece i migliori che si conosce, che vi durò fatica e pose diligenza, come si può vedere in una carta d'un San Salvestro, che fu da lui proprio molto ben disegnata, et ha forse molto più grazia che non ha la pittura di quello; benché si può affermare che Giulio esprimesse sempre meglio i suoi concetti ne' disegni, che nell'operare o nelle pitture, vedendosi in quelli più vivacità , fierezza et affetto. E ciò potette forse avvenire perché un disegno lo faceva in un'ora, tutto fiero et acceso nell'opera, dove nelle pitture consumava i mesi e gl'anni; onde, venendogli a fastidio, e mancando quel vivo et ardente amore che si ha quando si comincia alcuna cosa, non è maraviglia se non dava loro quell'intera perfezzione che si vede ne' suo' disegni.
Ma tornando alle storie, dipinse Giulio in una delle faccie un parlamento che Gostantino fa a' soldati, dove in aria appare il segno della croce in uno splendore con certi putti e lettere che dicono: "In hoc signo vinces". Et un nano che a' piedi di Gostantino si mette una celata in capo è fatto con molta arte. Nella maggior facciata poi, è una battaglia di cavalli, fatta vicino a ponte Molle, dove Gostantino mise in rotta Massenzio. La quale opera, per i feriti e morti che vi si veggiono, e per le diverse e strane attitudini de' pedoni e cavalieri che combattono aggruppati, fatti fieramente, è lodatissima, senzaché vi sono molti ritratti di naturale. E se questa storia non fusse troppo tinta e cacciata di neri, di che Giulio si dilettò sempre ne' suoi coloriti, sarebbe del tutto perfetta; ma questo le toglie molta grazia e bellezza. Nella medesima fece tutto il paese di Monte Mario, e nel fiume del Tevere Massenzio, che sopra un cavallo, tutto terribile e fiero, aniega. Insomma si portò di maniera Giulio in quest'opera, che per così fatta sorte di battaglia, ell'è stata gran lume a chi ha fatto cose simili doppo lui, il quale imparò tanto dalle colonne antiche di Traiano e d'Antonino che sono in Roma, che se ne valse molto ne gl'abiti de' soldati, nell'armadure, insegne, bastioni, steccati, arieti et in tutte l'altre cose da guerra, che sono dipinte per tutta quella sala. E sotto queste storie dipinse di color di bronzo intorno intorno molte cose, che tutte son belle e lodevoli. Nell'altra facciata fece San Salvestro papa che battezza Gostantino, figurando il proprio bagno che è oggi San Giovanni Laterano, fatto da esso Gostantino, e vi ritrasse papa Clemente di naturale nel San Salvestro che battezza, con alcuni asistenti parati e molti popoli. E fra molti familiari del Papa, che vi ritrasse similmente di naturale, vi ritrasse il Cavalierino, che allora governava Sua Santità , Messer Niccolò Vespucci cavaliere di Rodi; e sotto questa nel basamento fece, in figure finte di bronzo, Gostantino che fa murare la chiesa di San Piero in Roma, alludendo a papa Clemente, et in queste ritrasse Bramante architetto e Giulian Lemi col disegno in mano della pianta di detta chiesa, che è molto bella storia.
Nella quarta faccia, sopra il camino di detta sala, figurò in prospettiva la chiesa di S. Piero di Roma, con la residenza del Papa in quella maniera che sta quando il papa canta la messa pontificale, con l'ordine de' cardinali et altri prelati di tutta la corte, e la capella de' cantori e musici, et il papa a sedere, figurato per San Salvestro che ha Gostantino a' piedi ginocchioni, il quale gli presenta una Roma d'oro fatta come quelle che sono nelle medaglie antiche: volendo per ciò dimostrare la dote che esso Gostantino diede alla chiesa romana. Fece Giulio in questa storia molte femine che ginocchioni stanno a vedere cotale cerimonia, le quali sono bellissime, et un povero che chiede la limosina, un putto sopra un cane che scherza, et i lanzi della guardia del papa che fanno far largo e star indietro il popolo, come si costuma. E fra i molti ritratti che in questa opera sono, vi si vede di naturale esso Giulio pittore et il conte Baldassarre Castiglioni formator del Cortigiano e suo amicissimo, il Pontano, il Marullo e molti altri letterati e cortigiani. Intorno e fra le finestre dipinse Giulio molte imprese e poesie che furono vaghe e capricciose, onde piacque molto ogni cosa al Papa, il quale lo premiò di cotale fatiche largamente.
Mentre che questa sala si dipigneva, non potendo essi sodisfar anco in parte agl'amici, fecero Giulio e Giovanfrancesco in una tavola una assunzione di Nostra Donna che fu bellissima, la quale fu mandata a Perugia e posta nel monasterio delle monache di Montelucci. E dopo Giulio ritiratosi da sé solo, fece in un quadro una Nostra Donna con una gatta dentrovi, tanto naturale che pareva vivissima: onde fu quel quadro chiamato il quadro della gatta. In un altro quadro grande fece un Cristo battuto alla colonna, che fu posto sopra l'altare della chiesa di Santa Prasedia in Roma. Né molto dopo Messer Giovanmatteo Giberti, che fu poi vescovo di Verona, che allora era...
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