[Pagina precedente]...Ã sue, molto maggiormente, e da fare immortale Perino ancora.
Era a Perino nel suo dimorare tanti anni in Genova, ancora che egli ne cavasse utilità e piacere, venutagli a fastidio, ricordandosi di Roma nella felicità di Leone. E quantunque egli nella vita del cardinale Ippolito de' Medici avesse avuto lettere di servirlo e si fusse disposto a farlo, la morte di quel signore fu cagione che così presto egli non si rimpaniassi. Stando dunque le cose in questo termine e molti suoi amici procurando il suo ritorno, et egli infinitamente più di loro, andarono più lettere in volta, et in ultimo una mattina gli toccò il capriccio, e senza far motto partì di Pisa et a Roma si condusse. Dove fattosi conoscere al reverendissimo cardinale Farnese e poi a papa Paulo, sté molti mesi che egli non fece niente: prima, perché era trattenuto d'oggi in domane, e poi, perché gli venne male in un braccio, di sorte che egli spese parecchi centinaia di scudi, senza il disagio, inanzi che ne potesse guarire; per il che, non avendo chi lo trattenesse, fu tentato per la poca carità della corte partirsi molte volte; pure, il Molza e molti altri suoi amici lo confortavano ad aver pacienza, con dirgli che Roma non era più quella, e che ora ella vuole che un sia stracco et infastidito da lei innanzi ch'ella l'elegga et accarezzi per suo; e massimamente chi seguita l'orme di qualche bella virtù.
Comperò in questo tempo Messer Pietro de' Massimi una cappella alla Trinità , dipinta la volta e le lunette con ornamenti di stucco, e così la tavola a olio, da Giulio Romano e da Giovan Francesco suo cognato; per che, disideroso quel gentiluomo di farla finire, dove nelle lunette erano quattro istorie a fresco di Santa Maria Maddalena e nella tavola a olio un Cristo che appare a Maria Maddalena in forma d'ortolano, fece far prima un ornamento di legno dorato alla tavola, che n'aveva un povero di stucco, e poi allogò le facciate a Perino, il quale, fatto fare i ponti e la turata, mise mano e dopo molti mesi a fine la condusse. Fecevi uno spartimento di grottesche bizzarre e belle, parte di basso rilievo e parte dipinte, e ricinse due storiette non molto grandi con un ornamento di stucchi molto varii, in ciascuna facciata la sua; nell'una era la probatica piscina, con quegli rattratti e malati e l'Angelo che viene a commover l'acque, con le vedute di que' portici che scortono in prospettiva benissimo, e gl'andamenti e gl'abiti de' sacerdoti fatti con una grazia molto pronta, ancora che le figure non sieno molto grandi; nell'altra fece la resurressione di Lazero quatriduano, che si mostra, nel suo riaver la vita, molto ripieno della palidezza e paura della morte, et intorno a esso sono molti che lo sciolgono e pure assai che si maravigliano et altri che stupiscono; senzaché la storia è adorna d'alcuni tempietti che sfuggono nel loro allontanarsi, lavorati con grandissimo amore et il simile sono tutte le cose dattorno di stucco. Sonvi quattro storiettine minori, due per faccia, che mettono in mezzo quella grande; nelle quali sono: in una, quando il centurione dice a Cristo che liberi con una parola il figliuolo che muore; nell'altra, quando caccia i venditori del tempio; la Trasfigurazione et un'altra simile. Fecevi, ne' risalti de' pilastri di dentro, quattro figure in abito di Profeti che sono veramente nella lor bellezza quanto eglino possino essere di bontà e di proporzione ben fatti e finiti; et è similmente quell'opera condotta sì diligentemente, che più tosto alle cose miniate che dipinte, per la sua finezza, somiglia. Vedevisi una vaghezza di colorito molto viva et una gran piacenza usata in condurla, mostrando quel vero amore che si debbe avere all'arte. E questa opera dipinse egli tutta di sua man propria, ancor che gran parte di quegli stucchi facesse condurre co' suoi disegni a Guglielmo Milanese, stato già seco a Genova e molto amato da lui, avendogli già voluto dare la sua figliuola per donna. Oggi costui, per restaurar le anticaglie di casa Farnese, è fatto frate del Piombo in luogo di fra' Bastian Viniziano. Non tacerò che in questa cappella era in una faccia una bellissima sepoltura di marmo e sopra la cassa una femmina morta di marmo, stata eccellentemente lavorata dal Bologna scultore, e due putti ignudi dalle bande; nel volto della qual femina era il ritratto e l'effigie d'una famosissima cortigiana di Roma che lasciò quella memoria; la quale fu levata da que' frati che si facevano scrupolo che una sì fatta femmina fusse quivi stata riposta con tanto onore. Quest'opera, con molti disegni che egli fece, fu cagione che il reverendissimo cardinale Farnese gli cominciasse a dar provisione e servirsene in molte cose.
Fu fatto levare per ordine di papa Paolo un cammino ch'era nella camera del Fuoco e metterlo in quella della Segnatura, dove erano le spalliere di legno in prospettiva fatte di mano di fra' Giovanni intagliatore per papa Giulio, onde, avendo nell'una e nell'altra camera dipinto Raffaello da Urbino, bisognò rifare tutto il basamento alle storie della camera della Segnatura, che è quella dove è dipinto il monte Parnaso; per il che fu dipinto da Perino un ordine finto di marmo con termini varii e festoni, maschere et altri ornamenti, et in certi vani storie contrafatte di color di bronzo che per cose in fresco sono bellissime. Nelle storie era, come di sopra trattando i filosofi della filosofia, i teologi della teologia et i poeti del medesimo, tutti i fatti di coloro che erano stati periti in quelle professioni. Et ancora che egli non le conducesse tutte di sua mano, egli le ritoccava in secco di sorte, oltra il fare i cartoni del tutto finiti, che poco meno sono che s'elle fussino di sua mano. E ciò fece egli perché, sendo infermo d'un catarro, non poteva tanta fatica. Laonde, visto il Papa che egli meritava, e per l'età e per ogni cosa sendosi raccomandato, gli fece una provisione di ducati venticinque il mese che gli durò infino alla morte, con questo: che avesse cura di servire il palazzo e così casa Farnese.
Aveva scoperto già Michelagnolo Buonarroti, nella cappella del papa, la facciata del Giudizio, e vi mancava di sotto a dipignere il basamento, dove si aveva appiccare una spalliera d'arazzi tessuta di seta e d'oro, come i panni che parano la cappella; onde, avendo ordinato il Papa che si mandasse a tessere in Fiandra, col consenso di Michelagnolo, fecero che Perino cominciò una tela dipinta della medesima grandezza, dentrovi femmine e putti e termini che tenevono festoni molto vivi, con bizzarrissime fantasie. La quale rimase imperfetta in alcune stanze di Belvedere dopo la morte sua, opera certo degna di lui e dell'ornamento di sì divina pittura.
Dopo questo, avendo fatto finire di murare Anton da Sangallo, in palazzo del papa, la sala grande de' re dinanzi alla cappella di Sisto Quarto, fece Perino nel cielo uno spartimento grande d'otto facce, e croce et ovati nel rilievo e sfondato di quella. Il che fatto, la diedero a Perino che la lavorasse di stucco e facesse quegli ornamenti più ricchi e più begli che si potesse fare nella difficultà di quell'arte. Così cominciò e fece negli ottangoli, in cambio d'una rosa, quattro putti tondi di rilievo che puntano i piedi al mezzo e, con le braccia girando, fanno una rosa bellissima. E nel resto dello spartimento sono tutte l'imprese di casa Farnese, e nel mezzo della volta l'arme del Papa. Onde veramente si può dire questa opera, di stucco, di bellezza e di finezza e di difficultà aver passato quante ne fecero mai gli antichi et i moderni, e degna veramente d'un capo della religione cristiana. Così furono con disegno del medesimo [fatte] le finestre di vetro dal Pastorin da Siena, valente in quel mestiero, e sotto fece fare Perino le facciate, per farvi le storie di sua mano, in ornamenti di stucchi bellissimi, che furon poi seguitati da Daniello Riciarelli da Volterra pittore. La quale [opera] se la morte non gli avesse impedito quel buono animo ch'aveva, arebbe fatto conoscere quanto i moderni avessino avuto cuore, non solo in paragonare con gli antichi l'opere loro, ma forse in passarle di gran lunga.
Mentre che lo stucco di questa volta si faceva e che egli pensava a' disegni delle storie in San Pietro di Roma, rovinandosi le mura vecchie di quella chiesa, per rifar le nuove della fabrica, pervennero i muratori a una pariete dove era una Nostra Donna et altre pitture di man di Giotto; il che veduto Perino, che era in compagnia di Messer Niccolò Acciaiuoli, dottor fiorentino e suo amicissimo, mosso l'uno e l'altro a pietà di quella pittura, non la lasciarono rovinare, anzi, fatto tagliare attorno il muro, la fecero allacciare con ferri e travi e collocarla sotto l'organo di San Piero in un luogo dove non era né altare, né cosa ordinata. Et innanzi che fusse rovinato il muro che era intorno alla Madonna, Perino ritrasse Orso dell'Anguillara senator romano, il quale coronò in Campidoglio Messer Francesco Petrarca che era a' piedi di detta Madonna. Intorno alla quale, avendosi a far certi ornamenti di stucchi e di pitture, et insieme mettervi la memoria di un Niccolò Acciaiuoli, che già fu senator di Roma, fecene Perino i disegni e vi messe mano subito, et aiutato da' suoi giovani e da Marcello Mantovano suo creato, l'opera fu fatta con molta diligenza.
Stava nel medesimo San Pietro il Sacramento, per rispetto della muraglia, molto [poco] onorato. Laonde, fatti sopra la compagnia di quello uomini deputati, ordinorono che si facesse in mezzo la chiesa vecchia una cappella da Antonio da Sangallo, parte di spoglie di colonne di marmo antiche e parte d'altri ornamenti e di marmi e di bronzi e di stucchi, mettendo un tabernacolo in mezzo di mano di Donatello per più ornamento, onde vi fece Perino un sopra cielo bellissimo, [con] molte storie minute delle figure del Testamento Vecchio, figurative del Sacramento. Fecevi ancora in mezzo a quella una storia un po' maggiore, dentrovi la cena di Cristo con gli Apostoli e sotto duoi Profeti che mettono in mezzo il corpo di Cristo. Fece far anco il medesimo alla chiesa di San Giuseppo vicino a Ripetta da que' suoi giovani la cappella di quella chiesa, che fu poi ritocca e finita da lui. Il quale fece similmente fare una cappella nella chiesa di San Bartolomeo in Isola con suoi disegni, la quale medesimamente ritoccò; et in San Salvatore del Lauro fece dipignere all'altar maggiore alcune storie e nella volta alcune grottesche; così di fuori nella facciata una Annunziata, condotta da Girolamo Sermoneta suo creato.
Così adunque, parte per non potere e parte perché gl'incresceva, piacendoli più il disegnare che il condur l'opere, andava seguitando quel medesimo ordine che già tenne Raffaello da Urbino nell'ultimo della sua vita; il quale quanto sia dannoso e di biasimo ne fanno segno l'opere de' Chigi e quelle che son condotte da altri, come ancora mostrano queste che fece condurre Perino; oltraché elle non hanno arrecato molto onore a Giulio Romano ancora quelle che non sono fatte di sua mano. Et ancora che si faccia piacere a' prencipi, per dar loro l'opere presto, e forse benefizio agli artefici che vi lavorono, se fussino i più valenti del mondo non hanno mai quello amore alle cose d'altri, il che altri vi ha da se stesso. Né mai, per ben disegnati che siano i cartoni, si imita appunto e propriamente come fa la mano del primo autore. Il quale vedendo andare in rovina l'opera, disperandosi la lascia precipitare affatto; onde che chi ha sete d'onore debbe far da sé solo. E questo lo posso io dir per prova, che avendo faticato con grande studio ne' cartoni della sala della cancelleria nel palazzo di San Giorgio di Roma che, per aversi a fare con gran prestezza in cento dì vi si messe tanti pittori a colorirla, che diviarono talmente da' contorni e bontà di quelli, che feci proposito, e così ho osservato, che d'allora in qua nessuno ha messo mano in sull'opere mie. Laonde chi vuol conservare i nomi e l'opere, ne faccia meno e tutte di man sua, se e' vuol conseguire quell'intero onore che cerca acquista...
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