[Pagina precedente]...ove sono quelle finestre d'opera più gentile; perché invero questa seconda parte è di maniera varia e diversa dalla parte di sotto, essendo state seguitate le volte senza ubidire ai diritti con lo spartimento; il terzo si crede che facesse quel portico, che fu cosa rarissima; per le quali cagioni i maestri, che oggi fanno questa arte, non cascherebbono in così fatto errore per iscusarsi poi come faceva Andrea. Al quale essendo, dopo questa opera, allogata la cappella del Sagramento nella medesima chiesa della famiglia de' Corbinelli, egli la lavorò con molta diligenza, imitando ne' bassi rilievi Donato e gl'altri artefici eccellenti, e non perdonando a niuna fatica per farsi onore, come veramente fece. In due nicchie, che mettono in mezzo un bellissimo tabernacolo, fece due Santi, poco maggiori d'un braccio l'uno, cioè San Iacopo e San Matteo, lavorati con tanta vivacità e bontà , che si conosce in loro tutto il buono e niuno errore. Così fatti anco sono due Angeli tutti tondi, che sono in questa opera per finimento, con i più bei panni, essendo essi in atto di volare, che si possino vedere; et in mezzo è un Cristo piccolino ignudo molto grazioso. Vi sono anco alcune storie di figure piccole nella predella e sopra il tabernacolo, tanto ben fatte, che la punta d'un pennello a pena farebbe quello che fece Andrea con lo scarpello.
Ma chi vuole stupire della diligenza di questo uomo singolare guardi tutta l'opera di quella architettura, tanto bene condotta e commessa per cosa piccola, che pare tutta scarpellata in un sasso solo. È molto lodata ancora una Pietà grande di marmo, che fece di mezzo rilievo nel dossale dell'altare, con la Madonna e San Giovanni che piangono. Né si può immaginare il più bel getto di quello che sono le grate di bronzo col finimento di marmo, che chiuggono quella cappella e con alcuni corvi, impresa, o vero arme de' Corbinelli, che fanno ornamento ai candelieri di bronzo. Insomma questa opera fu fatta senza risparmio di fatica e con tutti quelli avvertimenti, che migliori si possono imaginare. Per queste e per l'altre opere d'Andrea divolgatosi il nome suo, fu chiesto al Magnifico Lorenzo Vecchio de' Medici, nel cui giardino avea, come si è detto, atteso agli studii del disegno, dal re di Portogallo, per che mandatogli da Lorenzo lavorò per quel re molte opere di scultura e d'architettura, e particolarmente un bellissimo palazzo con quattro torri et altri molti edifizii. Et una parte del palazzo fu dipinta secondo il disegno e cartoni di mano d'Andrea, che disegnò benissimo, come si può vedere nel nostro libro in alcune carte di sua propria mano finite con la punta d'un carbone, con alcune altre carte d'architettura benissimo intesa. Fece anco un altare, a quel re, di legno intagliato, dentrovi alcuni profeti; e similmente di terra, per farla poi di marmo, una battaglia bellissima, rappresentando le guerre che ebbe quel re con i Mori, che furono da lui vinti; della quale opera non si vide mai di mano d'Andrea la più fiera, né la più terribile cosa, per le movenze e varie attitudini de' cavalli, per la strage de' morti e per la spedita furia de' soldati in menar le mani. Fecevi ancora una figura d'un San Marco di marmo, che fu cosa rarissima. Attese anco Andrea, mentre stette con quel re, ad alcune cose stravaganti e difficili d'architettura, secondo l'uso di quel paese, per compiacere al re, delle quali cose io vidi già un libro al Monte Sansovino appresso gl'eredi suoi: il quale dicono che è oggi nelle mani di maestro Girolamo Lombardo, che fu suo discepolo et a cui rimase a finire, come si dirà , alcune opere cominciate da Andrea. Il quale, essendo stato nove anni in Portogallo, increscendogli quella servitù e desiderando di rivedere in Toscana i parenti e gl'amici, deliberò, avendo messo insieme buona somma di danari, con buona grazia del re, tornarsene a casa; e così avuta, ma con difficultà , licenza, se ne tornò a Fiorenza, lasciando chi là desse fine all'opere che rimanevano imperfette.
Arrivato in Fiorenza, cominciò nel MD un San Giovanni di marmo che battezza Cristo, il quale aveva a essere messo sopra la porta del tempio di San Giovanni, che è verso la Misericordia; ma non lo finì, perché fu quasi forzato andare a Genova, dove fece due figure di marmo, un Cristo et una Nostra Donna, o vero San Giovanni, le quali sono veramente lodatissime. E quelle di Firenze così imperfette si rimasono, et ancor oggi si ritruovano nell'Opera di San Giovanni detto. Fu poi condotto a Roma da papa Giulio Secondo, e fattogli allogazione di due sepolture di marmo, poste in Santa Maria del Popolo, cioè una per il cardinale Ascanio Sforza e l'altra per il cardinale di Ricanati, strettissimo parente del Papa; le quali opere così perfettamente da Andrea furono finite, che più non si potrebbe desiderare; perché così sono elleno di nettezza, di bellezza e di grazia ben finite e ben condotte, che in esse si scorge l'osservanza e le misure dell'arte; vi si vede anco una Temperanza, che ha in mano un oriuolo da polvere, che è tenuta cosa divina e nel vero non pare cosa moderna, ma antica e perfettissima. Et ancora che altre ve ne siano simili a questa, ella nondimeno per l'attitudine e grazia è molto migliore, senzaché non può esser più vago e bello un velo, ch'ell'ha intorno, lavorato con tanta leggiadria, che il vederlo è un miracolo. Fece di marmo in Santo Agostino di Roma, cioè in un pilastro a mezzo la chiesa, una Santa Anna, che tiene in collo una Nostra Donna con Cristo, di grandezza poco meno che il vivo; la quale opera si può fra le moderne tenere per ottima; per che, sì come si vede nella vecchia una viva allegrezza e proprio naturale e nella Madonna una bellezza divina, così la figura del fanciullo Cristo è tanto ben fatta, che niun'altra fu mai condotta simile a quella di perfezzione e di leggiadria. Onde meritò che per tanti anni si frequentasse d'appicarvi sonetti et altri varii e dotti componimenti, che i frati di quel luogo ne hanno un libro pieno, il quale ho veduto io con non piccola maraviglia. E di vero ebbe ragione il mondo di così fare, perciò che non si può tanto lodare questa opera che basti.
Cresciuta perciò la fama d'Andrea, Leone Decimo risoluto di far fare a Santa Maria di Loreto l'ornamento della camera di Nostra Donna di marmi lavorati, secondo che da Bramante era stato cominciato, ordinò che Andrea seguitasse quell'opera insino alla fine. L'ornamento di quella camera, che aveva cominciato Bramante, faceva in su le cantonate quattro risalti doppii, i quali ornati da pilastri con base e capitelli intagliati posavano sopra un basamento ricco d'intagli alto due braccia e mezzo; sopra il qual basamento fra i due pilastri detti aveva fatto una nicchia grande per mettervi figure a sedere e sopra ciascuna di quelle un'altra nicchia minore, che giugnendo al collarino di capitegli di que' pilastri, faceva tanta fregiatura quanto erano alti; e sopra questi veniva poi posato l'architetture, il fregio e la cornice riccamente intagliata, e, rigirando intorno intorno a tutt'e quattro le facciate e risaltando sopra le quattro cantonate, fa una nel mezzo di ciascuna facciata maggiore (perché è quella camera più lunga che larga) due vani: onde era il medesimo risalto nel mezzo che in sui cantoni e la nicchia maggiore di sotto e la minore di sopra, venivano a essere messe in mezzo da uno spazio di cinque braccia da ciascun lato: nel quale spazio erano due porte, cioè una per lato, per le quali si aveva l'entrata alla detta cappella; e sopra le porte era un vano fra nicchia e nicchia di braccia cinque, per farvi storie di marmo. La facciata dinanzi era simile, ma senza nicchie nel mezzo, e l'altezza dell'imbasamento faceva col risalto uno altare, il quale accompagnavano le cantonate de' pilastri e le nicchie de' canti. Nella medesima facciata era nel mezzo una larghezza della medesima misura che gli spazii dalle bande per alcune storie della parte di sopra e di sotto in tanta altezza quanta era quella della parte, ma cominciando sopra l'altare, era una grata di bronzo dirimpetto all'altare di dentro per la quale si udiva la messa e vedeva il didentro della camera et il detto altare della Madonna. In tutto, dunque, erano gli spazii e vani per le storie sette: uno dinanzi sopra la grata, due per ciascun lato maggiore e due di sopra, ciò dietro all'altare della Madonna, et oltre ciò otto nicchie grandi et otto piccole, con altri vani minori per l'arme et imprese del Papa e della chiesa. Andrea dunque, avendo trovato la cosa in questo termine, scompartì con ricco e bello ordine nei sottospazii istorie della vita della Madonna; in una delle due facciate dai lati cominciò per una parte la Natività della Madonna e la condusse a mezzo, onde fu poi finita del tutto da Baccio Bandinelli; nell'altra parte cominciò lo Sposalizio, ma essendo anco questa rimasa imperfetta fu, dopo la morte d'Andrea, finita in quel modo che si vede da Raffaello da Monte Lupo; nella facciata dinanzi ordinò in due piccoli quadri, che mettono in mezzo la grata di bronzo, che si facesse in uno la Visitazione e nell'altro quando la Vergine e Giuseppo vanno a farsi descrivere. E queste storie furono poi fatte da Francesco da San Gallo allora giovane. In quella parte, poi, dove è lo spazio maggiore, fece Andrea l'angelo Gabbriello che annunzia la Vergine (il che fu in quella stessa camera che questi marmi rinchiuggono) con tanta bella grazia, che non si può veder meglio, avendo fatta la Vergine intensissima a quel saluto e l'Angelo ginocchioni, che non di marmo, ma pare veramente celeste e che di boca gl'esca "Ave Maria". Sono in compagnia di Gabbriello due altri Angeli tutti tondi e spiccati uno de' quali camina appresso di lui e l'altro pare che voli. Due altri Angeli stanno dopo un casamento, in modo traforati dallo scarpello che paiono vivi; in aria e sopra una nuvola trasforata, anzi quasi tutta spiccata dal marmo, sono molti putti che sostengono un Dio Padre che manda lo Spirito Santo per un raggio di marmo, che, partendosi da Lui, tutto spiccato pare naturalissimo, sì come è anco la colomba, che sopra esso rappresenta esso Spirito Santo; né si può dire quanto sia bello e lavorato con sottilissimo intaglio un vaso pieno di fiori, che in questa opera fece la graziosa mano d'Andrea, il quale nelle piume degl'Angeli, nella capigliatura, nella grazia de' volti e de' panni et insomma in ogni altra cosa sparse tanto del buono che non si può tanto lodare questa divina opra che basti. E nel vero quel santissimo luogo, che fu propria casa et abitazione della Madre del Figliuol di Dio, non poteva quanto al mondo ricevere maggiore, né più ricco e bello ornamento di quello che egli ebbe dall'architettura di Bramante e dalla scultura d'Andrea Sansavino, come che se tutto fusse delle più preziose gemme orientali, non sarebbe se non poco più che nulla a tanti meriti.
Consumò Andrea tanto tempo in questa opera, che quasi non si crederebbe, onde non ebbe tempo a finire l'altre che aveva cominciato: perché oltre alle dette di sopra cominciò in una facciata da uno dei lati la Natività di Gesù Cristo, i pastori e quattro Angeli che cantano; e questi tutti finì tanto bene che paiono vivissimi; ma la storia, che sopra questa cominciò, de' Magi fu poi finita da Girolamo Lombardo suo discepolo e da altri. Nella testa di dietro ordinò che si facessero due storie grandi, cioè una sopra l'altra: in una la morte di essa Nostra Donna e gl'Apostoli che la portano a seppellire, quattro Angeli in aria e molti Giudei che cercano di rubar quel corpo santissimo; e questa fu finita, dopo la vita d'Andrea, dal Bologna scultore. Sotto questa poi ordinò che si facesse la storia del Miracolo di Loreto et in che modo quella capella, che fu la camera di Nostra Donna e dove ella nacque, fu allevata e salutata dall'Angelo, e dove ella nutrì il Figliuolo insino a dodici anni e dimorò poi sempre dopo la morte di lui, fusse finalmente dagl'Angeli portata prima in Ischiavonia, dopo nel territorio di Ricanati in una selva, e per ultimo dove...
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